
Luca Misuri
Il prossimo 1° luglio il nostro centro di accoglienza compirà dieci anni. Dieci anni di ascolto, incontri, relazioni, fatiche. Un traguardo importante, che abbiamo scelto di celebrare con un gesto simbolico ma per noi molto significativo: da quel giorno cambierà nome e si chiamerà Centro di Accoglienza Luca Misuri.
Dedicare il nome del nostro spazio a Luca è un atto di memoria, ma anche una dichiarazione di senso. Perché per noi, l’accoglienza è fatta di tentativi, di relazioni imperfette, di piccoli gesti che lasciano il segno. E soprattutto, è fatta di persone come lui.
Luca Misuri era nato a Firenze, classe 1964, cresciuto a Ponte a Mensola. Era un volto conosciuto per le strade della città, uno di quelli che molti definivano “marginale storico”. Ha trascorso gran parte della sua vita tra dipendenze e solitudine, abitandone le strade, diventando una presenza familiare in molti angoli di Firenze.
In piazza Brunelleschi era noto come una sorta di “custode” informale: riassettava, puliva, chiacchierava con gli studenti della facoltà di Lettere e Filosofia. Sul Lungarno Santa Rosa, invece, aveva allestito una tenda, e anche lì si prendeva cura del giardino, guadagnandosi l’affetto della cittadinanza.
Il suo linguaggio era diretto, colorito, spesso condito di parolacce e imprecazioni fantasiose. Ma dietro quell’apparenza ruvida si nascondeva una persona piena di risorse e di cuore. Luca aveva anche spiccate abilità manuali: costruiva presepi con materiali recuperati nei cassonetti – che per lui erano veri e propri scrigni di tesori — e dipingeva scorci fiorentini che poi barattava in piazza Tanucci.
Nonostante la sua figura imponente e trasandata — barba lunga, vestiti logori, spesso senza essersi lavato — riusciva a entrare in contatto anche con i più piccoli. Ai bambini ospiti del centro faceva spesso dei regali trovati nei suoi “tesori” e, un anno, si travestì perfino da Babbo Natale per consegnarli di persona.
Le accoglienze che aveva sperimentato in passato erano state altrettanto difficili. Ha varcato la soglia del nostro centro nel 2019.
Non è stato semplice. Portava nella stanza tutto il disordine della sua vita, ricreando il caos della strada: accumuli, confusione, picchi di disagio che a volte lo isolavano. Ma qualcosa, stavolta, è andato diversamente.
Nonostante le sue difficoltà — e le nostre — Luca è rimasto. Forse perché anche lui era pronto a restare, qui ha trovato uno spazio, un luogo come altri conosciuti prima; dove le regole ci sono, ma vengono interpretate a partire dalle persone, adattate alla loro storia, ai loro bisogni, ai loro tempi.
Un luogo dove la fiducia non veniva ritirata al primo errore, ma rinnovata ogni volta. Ricominciavamo daccapo con lui, ogni volta che era necessario. Non sempre sapevamo come fare, ma non abbiamo mai smesso di provarci.
E dentro al nostro centro, nonostante tutto, Luca ha saputo — a modo suo — prendersi cura anche degli altri. In particolare di un ospite molto fragile, che non era in grado di cucinare; Luca, ogni giorno, gli preparava da mangiare, lo aiutava come poteva.
Non era perfetto e non faceva nulla per sembrarlo: era un “barbone”, come lui stesso si definiva. Non si lavava spesso, non si curava molto, ma a modo suo ci provava. E in quel prendersi cura degli altri, trovava anche una sua forma di dignità.
Con il tempo aveva stretto legami anche con il quartiere. All’Esselunga vicina, il direttore gli regalava piante invendute, che Luca usava per “abbellire” la sua stanza e farne regalo anche a noi operatori: a volte per dire grazie, altre volte come gesto di scuse dopo uno dei tanti scontri che inevitabilmente facevano parte della convivenza.
Luca è rimasto con noi fino alla fine. E per noi, questo ha contato tantissimo. Perché non è morto da solo, ma in un luogo che lo conosceva, che lo chiamava per nome, che gli ha voluto bene. Insieme alle istituzioni, abbiamo fatto di tutto perché potesse avere una fine dignitosa. Perché anche chi ha vissuto ai margini merita cura, rispetto, umanità.
Intitolare il centro a lui è il nostro modo per dirlo forte: ogni persona ha valore, anche quando fatica a stare dentro i confini delle regole, anche quando chiede più di quanto riesce a dare.
La storia di Luca non è una storia di riscatto. È una storia di presenza, di resistenza, di tentativi. Ed è una storia che vogliamo custodire, ricordare, onorare.
Dal 1° luglio il nostro centro si chiamerà Centro Accoglienza Luca Misuri, perché la sua storia continui a vivere dentro ogni accoglienza futura.