6. Lithumi e la maestra Laura che le ha trovato un posto in classe e nel cuore di tutti

Lithumi aveva dieci anni quando è arrivata qui dallo Sri Lanka, in un posto completamente nuovo per lei. Era venuta insieme alla madre e al fratellino per stare vicino al padre, che lavorava in Italia e aveva avuto un ictus. Si sono ritrovati senza casa, senza soldi, con tutto il dolore per le condizioni terribili in cui il padre era rimasto, e poi per la sua morte.

In più, era l’anno del COVID. Lockdown, connessioni che non funzionavano, computer che mancavano. Lithumi cercava comunque di imparare l’italiano, di farsi degli amici, mentre la sua infanzia le scivolava tra le mani. Ma lei era sempre lì, con la voglia di capire e quegli occhi neri profondissimi, pieni di dolcezza infinita ma anche di una forza e un coraggio che raramente si vedono a quell’età.

Era bravissima a creare fiori con qualsiasi cosa trovasse: carta, plastica, ritagli. Un giorno me ne ha regalato un mazzo, piccoli fiori colorati che portavano un po’ della sua bellezza silenziosa. Li ho tenuti sulla scrivania per tanto tempo: ogni mattina, guardandoli, mi ricordavano il senso di questo lavoro e quegli occhi così pieni di vita.

Dopo la morte del padre, hanno provato a restare ancora un po’, ma era diventato troppo difficile. Alla fine sono tornati in Sri Lanka. Ci è rimasta addosso una grande tristezza per molto tempo. Le maestre ci hanno raccontato di una videochiamata fatta con la classe mentre stavano salendo sull’aereo per salutare tutti i compagni. È stato un momento davvero toccante, uno di quelli che non si dimenticano più.

La maestra Laura, di Lithumi, mi ha scritto questo ricordo:

“Lithumi è arrivata in quarta, in un momento molto difficile per la sua famiglia: il papà era malato. All’inizio era persa, timida, chiusa. Ma bastava guardarla negli occhi per capire che capiva tutto, era solo il dolore a bloccarla. Ho provato a coinvolgerla piano piano, assegnandole piccoli compiti, facendola sedere accanto alle compagne che sapevo l’avrebbero aiutata. Non ci è voluto molto prima che tornasse a ridere, partecipare, alzare la mano per intervenire. In poco tempo si era integrata perfettamente, grazie alla sua intelligenza acuta e al suo desiderio di imparare.

Poi è arrivato il lockdown, che ci ha tenuti lontani per molti mesi. Interagivo quasi ogni giorno con Claudia, l’operatrice che li seguiva, per capire come affrontare le lezioni, come farle avere i materiali di studio, come farla partecipare alla didattica a distanza. Non volevamo che perdesse solo le lezioni: volevamo che continuasse a sentire il calore dei suoi compagni.

Anche suo fratello più grande era stato accolto bene a scuola. E anche con i suoi insegnanti facevamo un lavoro continuo e quotidiano di collaborazione tra la scuola e il Centro di accoglienza. Claudia era sempre presente: inviava messaggi alla madre, organizzava i compiti, traduceva, spiegava. Senza questa collaborazione, Lithumi sarebbe rimasta indietro. Invece aveva trovato il suo posto al banco di scuola e anche un posto nel cuore di chi le è stato accanto. Ancora oggi ricordo con commozione quel periodo, e mi rendo conto di quanto sia importante il lavoro di collaborazione tra scuola e chi, come Claudia, sta ogni giorno accanto a questi bambini e ragazzi.”